I diritti che nascono con un brevetto
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Il brevetto genera in capo al suo inventore due principali diritti: il diritto patrimoniale ed il diritto morale. I diritti patrimoniali rappresentano i diritti di sfruttamento economico dell’invenzione che si va a brevettare, mentre i diritti morali riguardano la paternità dell’invenzione.
Dalle definizioni emergono sostanziali differenze fra i due tipi di diritti: la principale è rappresentata dal fatto che mentre i diritti patrimoniali possono essere ceduti o venduti a terzi, a titolo gratuito o sotto compenso, i diritti morali non possono essere alienati dal proprio detentore, ovvero la paternità dell’invenzione rimarrà sempre di colui che nella domanda di brevetto è stato designato come “inventore”.
I diritti patrimoniali dell’opera consistono nel diritto di sfruttamento esclusivo dell’invenzione, che, una volta brevettata, potrà essere utilizzata in proprio oppure venduta mediante due principali atti: la cessione, ossia il trasferimento della titolarità del brevetto a favore di un altro soggetto (tramite varie tipologie contrattuali quali vendita, permuta, donazione, conferimento), o la licenza, con la quale il titolare, licenziante, concede ad un terzo, licenziatario, il diritto di utilizzare dietro corrispettivo la propria invenzione brevettata.
I diritti morali, al contrario, non possono essere venduti o dati in licenza in nessun caso, racchiudono tutti i diritti che mirano a proteggere la personalità dell’inventore, e sono previsti dalla legislazione nazionale, comunitaria e internazionale. In definitiva, anche nell’eventualità in cui un brevetto venga ceduto oppure concesso in licenza, l’inventore designato continuerà sempre ad essere riconosciuto come colui che ha dato luce a quella determinata invenzione.
La distinzione di questi diritti risulta fondamentale per comprendere, una volta depositato un brevetto, quali azioni è possibile intraprendere in caso di comportamenti lesivi dei diritti stessi, proprio a seconda di ciò che viene oltraggiato.