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La Commissione ricorsi Euipo può sbagliare

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E’ accaduto ad un marchio figurativo (marchio di posizione) a dir poco singolare raffigurante la scanalatura di un pneumatico. Inizialmente era stato dichiarato nullo dalla Commissione ricorsi Euipo, la quale motivava tale decisione sostenendo che il segno controverso era costituito esclusivamente dalla forma del prodotto interessato cioè il pneumatico, elemento necessario al fine di ottenere un risultato tecnico e non distintivo. Pertanto, a detta della Commissione, in assenza di altri elementi caratterizzanti, mancavano i requisiti essenziali per la tutela dei marchi.

Avverso tale decisione, pronta è stata la risposta da parte del titolare del marchio in questione con un ricorso innanzi al Tribunale dell’Unione Europea, il quale ha ritenuto che il marchio contestato non fosse esclusivamente caratterizzato dalla forma necessaria del prodotto, cioè il battistrada di pneumatico, bensì da una scanalatura dello stesso. Tale decisione, confermata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ribalta quindi quanto affermato dalla Commissione ricorsi Euipo: il marchio viene riconosciuto valido in quanto non costituito esclusivamente dalla forma del battistrada.

Quanto accaduto fa ben comprendere che la Commissione ricorsi Euipo può commettere errori di valutazione. Ma, trattandosi in questo caso di un marchio di posizione, quali requisiti dovrebbe avere? Diciamo che per marchio di posizione si intende quel segno distintivo costituito da una parola, un motivo grafico oppure una figura tridimensionale per i quali viene richiesta la registrazione in una posizione specifica e ben definita su di un determinato prodotto in modo da contraddistinguerlo da altri, evitando confusione.

I requisiti di rappresentazione obbligatori e facoltativi per i marchi di posizione sono:

  1. un’individuazione adeguata della posizione del marchio e la relativa dimensione o proporzione rispetto al prodotto in questione;
  2. una rinuncia visiva degli elementi non destinati a fare parte dell’oggetto della registrazione. Il REMUE privilegia le linee spezzate o tratteggiate;
  3. una descrizione che spiega la modalità di apposizione del segno sui prodotti (facoltativa). La rappresentazione dovrebbe di per sé definire in modo chiaro la posizione del marchio nonché la sua dimensione o proporzione rispetto ai prodotti, per cui la descrizione può avere unicamente funzione esplicativa, a norma dell’articolo 3, paragrafo 2, REMUE; essa non è alternativa alle rinunce visive (ne abbiamo parlato qui).

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E’ possibile depositarlo come marchio?

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Di recente qualcuno ha pensato di depositare dinanzi all’Euipo un marchio denominato “Not made in Cina”, questo al fine di rendere facilmente riconoscibile agli occhi di un consumatore un prodotto non fabbricato in Cina. Questo tentativo però è fallito perchè l’ente comunitario ha ritenuto tale dicitura offensiva nei riguardi della nazione cinese in quanto contraria all’ordine pubblico e al buon costume.

Apriamo una piccola parentesi. I segni contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume, non possono essere registrati come marchio d’impresa e, essendo un requisito imprescindibile per un deposito marchio, sono pertanto nulli. L’ordine pubblico è rappresentato dal complesso dei principi fondamentali dell’ordinamento interno in un determinato periodo storico; per buon costume invece tradizionalmente si intende l’insieme di principi e regole radicati nel costume sociale sempre avendo come riferimento un determinato momento storico.

Proprio l’Euipo in una direttiva esplicativa ha precisato che i marchi contrari ai principi e ai valori fondamentali dell’ordine politico e sociale europeo e, in particolare, ai valori universali sui quali si fonda l’Unione Europea, sono quelli contrari alla dignità umana, alla libertà, all’uguaglianza, alla solidarietà e al principio di democrazia e dello stato di diritto, sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

Inoltre sempre l’Euipo ha escluso la registrazione come marchi dell’Unione Europea di parole o frasi blasfeme, razziste, discriminatorie o offensive, ma solo se quel significato è chiaramente trasmesso dal marchio richiesto in modo da risultare inequivocabilmente contrario al buon costume. Evidentemente il rigetto dell’Euipo riguardante il marchio “Not made in Cina” è stato dettato proprio dall’osservanza di questi principi succitati.

Un altro caso eclatante che esemplifica quanto argomentato lo si ritrova in una recente sentenza del Tribunale dell’Unione Europea, il quale di fronte alla registrazione del marchio figurativo “La mafia se sienta a la mesa” (ovvero “La mafia si siede alla mensa”) da parte di una catena di ristoranti spagnoli, ne ha dichiarato l’illegittimità perchè contrario all’ordine pubblico e al buon costume in quanto la criminalità organizzata di stampo mafioso costituisce una minaccia (ne abbiamo parlato qui). 

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Un requisito imprescindibile

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Sappiamo che un marchio per poter essere registrato deve essere dotato di novità, liceità e capacità distintiva. Questi requisiti valgono indistintamente per tutti i marchi, anche per i marchi sonori. Apriamo una piccola parentesi e vediamo che cosa caratterizza un marchio sonoro ed il suo significato.

Il marchio sonoro appartiene alla categoria dei cosiddetti marchi invisibili che comprende tutti i marchi che non possono essere percepiti visivamente, in quanto costituito esclusivamente da un suono o da una combinazione di suoni ( ne abbiamo parlato qui). Ci domandiamo se è possibile riconoscere un prodotto attraverso il suono. La risposta è affermativa. A titolo esemplificativo citiamo la Mc Donald’s Corporation, una delle più famose catene di fast food al mondo, diventata celebre anche grazie al suo popolare jingle

Pertanto un marchio sonoro in quanto tale deve possedere tutti i requisiti propri dei marchi. Questo concetto è stato di recente precisato dal Tribunale dell’Unione Europea. Il caso riguarda il deposito come marchio comunitario di un file audio presso l’Euipo (Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale), rigettato prima dallo stesso ufficio perchè privo del carattere distintivo e confermato poi sia dalla Commissione Euipo che dal Tribunale dell’Unione Europea.

Secondo il Tribunale dell’Unione Europea il consumatore finale deve essere in grado di collegare immediatamente il suono di un prodotto all’azienda che lo produce, cioè il marchio sonoro deve permettere al consumatore di percepirlo come marchio e non come elemento di natura funzionale privo di caratteristiche intrinseche proprie.

Difatti, nel caso di specie, il marchio sonoro riproduce il semplice suono provocato dall’apertura di una lattina contenente una bevanda gassata: quindi un elemento puramente funzionale privo di quella distintività che permette ad un consumatore medio di riconoscere il prodotto e di collegarlo alla casa madre distinguendolo da altre bevande.

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