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Diritto d’autore di un bene universale

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Abbiamo più volte detto nel trattare il diritto d’autore che il relativo diritto di sfruttamento economico di un’opera dura per tutta la vita del suo autore e sino a 70 anni dopo la morte (a favore degli eredi). Dopo questo periodo diventa di pubblico dominio e non è più possibile richiedere alcuna autorizzazione allo sfruttamento né tantomeno alcun compenso verrà versato.

Sull’argomento è intervenuto, ribaltando questo concetto, il Codice dei beni culturali e del paesaggio stabilendo che nel momento in cui un’opera è custodita presso un museo/ente pubblico, viene ripristinato il concetto del pagamento delle royalty, cioè il soggetto che intende riprodurre l’opera deve chiederne l’autorizzazione all’ente che lo detiene e pagarne il relativo compenso (royalty).

A tal proposito citiamo il caso che ha visto come protagonisti da una parte il Ministero della Cultura e le Gallerie dell’Accademia di Venezia e dall’altra la Ravensburger, nota azienda produttrice di puzzle. L’oggetto del contendere è l’Uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci.

L’Uomo Vitruviano è certamente un bene universale appartenente all’umanità, ma la sua riproduzione deve sempre essere autorizzata (con pagamento del relativo compenso) dal museo delle Gallerie dell’Accademia di Venezia che conserva l’originale dell’opera.

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Linee guida per riprodurre un’opera

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Sappiamo, come regola generale, che un’opera dell’ingegno può essere utilizzata, pubblicata, riprodotta solo dal suo autore. In particolare, il diritto di riproduzione è il diritto esclusivo di riprodurre l’opera. Ha ad oggetto la moltiplicazione, in tutto o in parte, in copie dell’opera, in qualunque forma e modo, con ogni procedimento di riproduzione.

Tale diritto esclusivo prevede però, quale eccezione legittima, la possibilità del riassunto, della citazione, della riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico se effettuati per uso di critica o di discussione, purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera. Inoltre se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l’utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali (art. 70 Legge del diritto d’autore). Invece la riproduzione integrale di immagini di opere dell’ingegno, da parte di chi non è titolare, non è permessa senza autorizzazione.

In merito alla catalogazione, citiamo un caso in ambito informatico che ha visto esprimersi in una recente sentenza la Corte di Cassazione e relativa proprio alla riproduzione integrale di immagini di opere d’arte in un catalogo informatico avente mero scopo illustrativo ma non per finalità di insegnamento o di ricerca scientifica.

La Suprema Corte si è pronunciata affermando la mancanza della libertà nell’utilizzazione delle suddette immagini, in quanto priva dell’autorizzazione degli aventi diritto del pittore deceduto. Tale autorizzazione deve essere obbligatoriamente richiesta sino a 70 anni dopo la morte dell’autore (ne abbiamo parlato qui).

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